giovedì 26 settembre 2013

Episodio Nove - In un giorno qualunque



Quel pomeriggio di settembre portò con sé qualche nuvola passeggera che regalò al paesino napoletano una lieve pioggia autunnale. Davide, dopo il racconto di Laura, aveva deciso di passare a casa di Enrico per provare a chiarire e capire cosa stesse accadendo all’amico, così bussò alla porta della sua abitazione. Ci bussò prima una, poi due, tre,  quattro volte quando fu lo stesso Enrico ad aprirgli.

- Ah sei tu. – lo accolse il ragazzo in asciugamano
- Credevo non ci fosse nessuno, stavo per andare. – spiegò Davide
- Ero sotto la doccia, i miei sono fuori. Hai trovato il cancello del portone aperto? – chiese freddamente Enrico
- La signora Bencivenga stava entrando con il cane e mi sono accodato a lei. Fuori piove.
- Non me ne ero accorto.
- Non mi fai entrare?

Enrico spalancò la porta lasciando che l’amico entrasse richiudendola poi alle sue spalle.

- Mi dispiace per l’altra sera. – cominciò Davide – Ero molto preoccupato per Emma e non riuscivo a stare tranquillo e a divertirmi.
- Sei stato tu che mi hai invitato lì e sei stato sempre tu che mi hai chiesto di aiutarti, non credevo che sarei rimasto solo come un imbecille tutta la serata altrimenti non avrei accettato.
- Hai ragione e mi dispiace, ti chiedo scusa.

Il silenzio tra i due divenne imbarazzante. Fu Davide che, dopo qualche secondo, prese nuovamente la parola. 

- Stamane ho parlato con Laura, cosa è successo ieri sera?
- Ah ecco perché sei venuto qui, non è per le scuse quanto la curiosità di sapere. – ribatté con toni forti Enrico - Mi sembrava strano, troppo strano, Davide che ha le palle di venire fino a casa mia e dirmi di aver sbagliato.
- Sarei venuto da te comunque. Quello che è successo con Laura ieri è stato solo un di più che mi ha spinto qui.
- Quello che è successo ieri con Laura sono solo affari miei!

A quelle parole Davide afferrò le spalle dell’amico così da poter incrociare i suoi occhi.

- Cosa hai, Henry? Cosa ti succede? Tu sei il mio migliore amico.

Lo sguardo di Enrico rimase impassibile, fisso in quello di Davide quando freddamente gli rispose con un filo di voce.

- Non mi succede nulla. Ora devo vestirmi, ho un appuntamento al giornale tra una mezz’ora.

Davide rimase completamente spiazzato da quella freddezza, da quell’Enrico che si era trovato di fronte quel pomeriggio e che non sembrava nemmeno lui, il suo amico di sempre. Si voltò senza dire altro, sbattendo la porta dietro di sé e lasciando il silenzio attorno ad Enrico, che, rimasto solo, poggiò la sua schiena al muro scivolando lentamente in terra e coprendo il suo volto con le sue braccia. Nel frattempo Carlotta era in villa comunale quando la prima pioggia della stagione, che la costrinse a rifugiarsi nel bar vicino, non abbandonava il cielo di Corzano. Aspettava inquieta che spiovesse quando si accorse della presenza di Kamal alla fermata dell’autobus a due passi dalla villa. All’arrivo dell’A20, il pullman che portava in città, il ragazzo si apprestò a salirvi e Carlotta fece di tutto per raggiungerlo. Ci riuscì per il rotto della cuffia, si avvicinò a lui attraversando il corridoio dell’autobus ormai completamente bagnata quando ancora col fiatone irruppe al suo fianco.

- Kamal, ce l’ho fatta!
- Ma cosa hai combinato? Sei tutta fradicia. – le disse lui sorpreso
- Ti ho visto alla fermata e volevo salutarti.
- Ma ci siamo visti stamattina e ci vedremo domani in classe e poi se sale un controllore e ti trova senza biglietto rischi anche la multa. Potevi rimanere dov’eri.
- Posso dirti una cosa Kamal? Sei proprio acido e antipatico. – esclamò Carlotta premendo il tasto al suo fianco per prenotare la fermata e poi recarsi presso la porta posteriore del pullman scendendo dopo qualche secondo.

Kamal decise allora di raggiungere la compagna seguendola.

- Carlotta!
- Cosa vuoi? – gli rispose lei rifugiandosi sotto un balcone
- Scusami, hai ragione. A volte so essere davvero insopportabile.
- A volte?!? Direi molto spesso. Caro Kamal il fatto che intorno a te ci possano essere persone che ti giudicano per la tua pelle, la tua religione o le tue abitudini non ti dà il diritto di comportarti in questo modo con chiunque ti stia accanto, compresi coloro che invece magari vogliono solo offrirti la loro amicizia. Sei tu la prima persona che emargina te stesso in questo modo!
- Ma cosa vuoi saperne tu di come sto?
- Ah certo, che ne posso sapere io che sono semplicemente un’italiana, cattolica non praticante, che non riceve scritte razziste sui muri? E’ questo che vuoi dire, no? Intanto io ho cercato di fare di tutto per capire qualcosa di te, di te Kamal-persona e lo avrei fatto anche se tu fossi stato un signorino della Napoli alta con la puzza sotto il naso!
- Io non voglio crocerossine che per il puro spirito di compassione soccorrono il povero ragazzino deriso.
- Tu non vuoi amici, Kamal, è diverso!  Così è a nuove amicizie che stai sbattendo la porta in faccia, non a crocerossine. Io non ho compassione per te, sono solo delusa dal tuo sguazzare nel ruolo di povera vittima!

Così Carlotta si allontanò arrabbiata e delusa. Aveva creduto di farcela nell’aiutare Kamal a capire che non tutti erano come quei ragazzi che lo deridevano o addirittura avevano paura di lui, ma si convinceva sempre di più che probabilmente lui in primis non sentiva il bisogno di conoscere persone che potessero avere non altro che interesse nel gettare le basi di una buona amicizia. In serata, invece, a casa Bellaria tutto era pronto per la cena che avrebbe ufficializzato il rapporto tra Caterina e  Giacomo. I due erano alquanto nervosi, intimiditi, ansiosi ma anche felici. I genitori di Caterina conoscevano Giacomo dai primi anni del liceo e non erano affatto dispiaciuti del fatto che fosse un buon partito, figlio di uno dei più noti e benestanti assessori di Corzano. All’arrivo degli ospiti il sorriso era stampato costante sul volto della madre di Caterina, mentre sorpreso e preoccupato apparve quello del signor Bellaria. L’intraprendenza e l’ospitalità della donna furono così contrapposte al mutismo e all’imbarazzante assenza dell’uomo, mentre la madre di Giacomo era intenta a fare di tutto affinché il figlio potesse essere fiero di lei. Sembrava davvero che tutto proseguisse per il meglio tra i racconti delle donne sull’infanzia dei figli e su episodi che appartenevano all’adolescenza condivisa dei due ragazzi. A metà cena la madre di Giacomo si allontanò verso il balcone per fumare una delle sue irrinunciabili sigarette, mentre la signora Bellaria ne approfittò per dare gli ultimi ritocchi alle portate che sarebbero seguite. Caterina e Giacomo si scambiavano le proprie impressioni positive sulla serata appartati sul divano quando il padre della ragazza si diresse anche lui verso il balcone.

- Posso accendere da te? – domandò alla donna che intanto rimase sorpresa dall’improvviso cambio di tono dell’uomo che si rivolse a lei d’un tratto dandole del tu.

lunedì 23 settembre 2013

Episodio Otto - Gli ostacoli del cuore



La mattina seguente all’università Laura non perse occasione per raccontare a Davide e Mélanie quanto era accaduto la sera prima con Enrico. Mélanie è una ragazza italo-francese con la quale i ragazzi avevano fatto amicizia la sera della festa in piscina instaurando un rapporto piacevole. Una ragazza attenta, intelligente, di quelle che prediligono l’essenza alla forma, ma anche molto ironica ed estroversa. A Davide e Laura faceva impazzire quell’accento francese al quale la ragazza non aveva rinunciato negli anni, quell’ammorbidire anche le parole più dure della lingua italiana e soprattutto quell’amore viscerale per la Francia che illuminava il suo viso ogni volta che ne parlava. Il padre di Mélanie è un noto ingegnere elettronico napoletano, che dopo aver vissuto per molti anni nel paesino francese nativo della moglie aveva deciso di ritornare a Napoli con la famiglia già da qualche anno. Era un uomo alquanto severo che aveva impartito un’educazione rigida alla figlia, la quale dal suo canto aveva sempre cercato di dare al padre le migliori delle soddisfazioni.

- Quindi questo Enrico ti ha stampato così, d’un tratto, un bacio sulle labbra. – commentò incredula Mélanie al racconto di Laura
- Che strano … - si accodò Davide – Conosco Enrico da anni e non è il tipo, assolutamente no!
- E tu? Cosa hai fatto poi? – chiese curiosa Mélanie
- Inizialmente non capivo cosa stesse accadendo, prima mi aveva detto “Ho bisogno di fare una cosa. Non fare domande, ti prego”, poi ha iniziato anche a stringermi e allora l’ho allontanato chiedendogli cosa avesse.
- E lui? – domandò Davide
- Lui mi ha guardata negli occhi e mi ha detto “Scusa, Laura, scusa!” ed è scappato via.
- Oh mamma non ci credo! - ribatté Mélanie – Secondo me aveva bevuto o magari stava così male per qualcosa che aveva bisogno di un conforto. Io gli avrei mollato uno di quei ceffoni.
- Sicuramente non aveva bevuto! – continuò Laura – Altrimenti lo avrei percepito quando mi ha baciata o quando mi stringeva, che poi a dirvela tutta non è stato nemmeno così spiacevole. E’ che Enrico non è abbastanza “stronzo”, purtroppo ho l’innata propulsione per i ragazzi belli e dannati, quelli bastardi ed Enrico sicuramente non è uno di loro! Comunque tu sai qualcosa di cosa succede ad Enrico, Davide? In fondo è il tuo migliore amico.
- Non lo sento dalla sera della festa, avemmo una discussione e non ci siamo più sentiti.
- Secondo me devi andare da lui, devi parlargli, credimi era davvero sconvolto.
- Mi sa che dobbiamo rientrare in aula. – li interruppe Mélanie – Ecco Ruzzese, il dittatore. La settimana scorsa fu incomprensibile quando spiegò il moto armonico, speriamo oggi vada meglio.

Così i ragazzi interruppero la discussione dirigendosi verso l’aula per seguire la lezione di fisica, mentre Davide non riusciva a non pensare e ripensare ad Enrico e al fatto che potesse essere lui la causa del suo essere così scosso o magari il bisogno di avere una ragazza accanto, il che non succedeva da tanto. Nel frattempo Caterina si svegliò nel letto di Giacomo, a casa del ragazzo. La sera prima aveva raccontato alla madre che avrebbe dovuto partecipare ad una festa di compleanno fuori paese e che si sarebbe fermata a dormire a casa di un’amica, rinunciando inevitabilmente ai corsi che avrebbe dovuto seguire quella mattina all’università. Aprì gli occhi accorgendosi di essere ancora tra le braccia di Giacomo, che invece dormiva tenendola stretta sul suo petto. Caterina fissava il ragazzo con occhi innamorati, sperava che quel momento potesse non passare mai, avida di ogni suo respiro, ogni suo movimento, ogni sua espressione, quando lentamente portò la sua mano nei capelli di lui, che d’un tratto aprì gli occhi.

- Piccola, già sei sveglia. – sussurrò lui sorridendole e spostandole i capelli dal volto – Come hai dormito?
- Benissimo, mi mancava fare l’amore con te. Sono crollata poi stanotte.
- Io non riuscivo a dormire.
- Tua madre. Eri sveglio quando ha rincasato stanotte?
- E’ tornata stamattina, erano passate da un po’ le sei.
- Ci hai parlato? Magari non era in sé, quando si è depressi è semplice entrare in tunnel pericolosi. Stasera facciamo come ti dissi, le andiamo dietro senza farglielo sapere, è l’unico modo che hai per poterla aiutare.
- Era strana come sempre. Inizio a pensare che si stia avvicinando magari a qualche giro di droga e ti giuro che se è così renderò la vita di mio padre un inferno, perché è solo colpa sua se lei è ridotta in questo stato.
- Giacomo, ora l’interesse principale è capire cosa sta succedendo a tua madre e come poterla aiutare. Perché stasera non venite a cena a casa mia, tu e lei? Ne parlerò con i miei, così ufficializziamo anche la nostra storia, sarà un modo anche per rendere il nostro rapporto ancora più solido. Voglio essere la tua fidanzata a tutti gli effetti, poi finita la serata vediamo tua madre dove va e soprattutto chi incontra.

Giacomo ci pensò qualche secondo per poi stringere Caterina ancora più forte tra le sue braccia.

- Sei il mio angelo, lo sai? Io una ragazza come te non la trovo nemmeno a pagarla oro. 

Intanto Emma era nella sua camera intenta nel cercare di studiare. Sfogliava e risfogliava le pagine del suo libro, andava avanti leggendo per poi tornare indietro, fissare il vuoto, staccare la spina per un po' e poi tornare a risfogliare quelle pagine. Non era serena, qualcosa occupava i suoi pensieri, la rendeva ansiosa, triste, un qualcosa che dal suo arrivo da Madrid non aveva nemmeno avuto il coraggio e la forza di rivelare e raccontare a Davide. Improvvisamente prese il diario che aveva gelosamente nascosto nella borsa che l’aveva accompagnata durante le lezioni spagnole. Sorrideva ad ogni pagina nel leggere quelle scritte dedicatele. “Io penso a te anche quando sei vicino a me. Sempre”, “A prescindere da tutto sei sempre nei miei pensieri”, “Per me tu sei importante”, “I nostri giorni indimenticabili”, “La mia felicità sei tu”, quando si fermò alla pagina che permise ad una lacrima di percorrere la sua guancia. Lì un pennarello indelebile evidenziava la scritta “Ora che ci sei ... ti adoro pesciolino”. Prese nelle mani allora il telefonino che le era accanto. Menu. Messaggi. Crea Messaggio. Destinatario: Lui. “Non riesco ad essere orgogliosa, a pensare che nuovamente tu abbia deciso di allontanarti, di scappare via anche quando sapevi che sarei partita a breve. Mi ritrovo a pensarti, sempre e comunque, pensare ai tuoi “Mi manchi” e a quanto io non riesca a sentirmi tranquilla se non ci sei, magari con la consapevolezza che tornerai all’improvviso, ti ricatapulterai d’un tratto nella mia vita ed io sarò qui a non poter fare a meno di te. Emma”. Invia. Messaggio inviato.

domenica 22 settembre 2013

Episodio Sette - Dalla pelle al cuore



Una settimana volò via e a Corzano il sole settembrino iniziava a lasciar spazio ad un lieve venticello e a qualche nuvola. Mancavano pochi giorni all’inizio dell’autunno e quella mattina Giacomo e Caterina si incontrarono alla caffetteria del paese. Lei si accorse che il ragazzo era strano, come di lì a qualche giorno. Era preoccupata che potesse essere lei il motivo di quello stato d’animo o qualche disagio del ragazzo nella loro storia d’amore appena consolidata.

- Cosa c’è che non va? – chiese lei girando il cucchiaino nel suo caffè – Sono giorni che sei silenzioso, che non trascorriamo una serata insieme. Ho fatto qualcosa di sbagliato, qualcosa che ti ha dato fastidio?
- No, Caterina, non è per te. Ho dei problemi a casa con mia madre. – abbassò lo sguardo
- Cosa succede? Mi fai preoccupare. Sta male ancora per tuo padre?
- Quell’uomo è la cosa grave. – rialzò lentamente gli occhi – Solo quell’uomo è il mio problema.
- Sono passati tanti anni, Giacomo.
- Anni in cui lui era felice, tranquillo, in cui sguazzava nel suo denaro, nel suo lavoro, nella sua politica. Me lo sono immaginato ogni Natale, ogni Pasqua, ogni festa al tavolo con la sua “adorata” famigliola della Mulino Bianco, con quel sorriso del cazzo stampato sul volto ed io e mia madre … dimenticati. Io ho trascorso, per colpa sua, tutti questi anni tra le lacrime di mia madre, nella sua depressione, nel vederla morire giorno dopo giorno e sai cosa si prova a veder morire la persona che più ami al mondo?
- Non basta rimanere a guardare. Bisogna fare qualcosa prima che lei si distrugga del tutto. Non puoi rimanere a vederla morire, fa male anche a te!
- E cosa posso fare? – chiese allora con le lacrime agli occhi Giacomo
- Io sono qui, ti sono accanto. Tua madre esce quasi ogni sera, no? Iniziamo a capire dove va, chi frequenta, chi può dirci qualcosa di più, magari ha un’amica con cui si sfoga. Non puoi sperare che tua madre guarisca dalla sua depressione da sola, o semplicemente con l’aiuto di uno strizzacervelli!

Grazie a Caterina Giacomo iniziava a convincersi che la cosa migliore da fare era quella di aiutare attivamente la madre. Nel frattempo al liceo scientifico “Giordano Bruno” di Corzano Carlotta e Stefania erano in bagno durante il cambio dell’ora. Quest’ultima fumava la sua solita sigaretta quando cominciò a raccontare all’amica che era lì a farle compagnia.

- Guarda beata te che sei entrata alla seconda ora! Non sai che palle che ci ha fatto la Saponero, lei e il suo protetto.
- Ma perché cosa è successo?
- Ah non lo sai …
- Chi è il protetto della Saponero?
- Quello … l’indiano!
- Kamal! E’ iraniano, non è indiano. Stefy non mi dire che sei razzista!
- Ma sei pazza?!? Io no, ma qualcuno ha scritto nel bagno dei ragazzi a caratteri cubitali “islamico terrorista”. Non sai com’era arrabbiata la professoressa. Ma poi che ne sa che è stato uno di noi? E poi, scusami eh, è vero che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, ma chi lo conosce a questo qua? Chi ci dice che un bel giorno non si fa scoppiare in classe? Cioè è normale che ci possiamo aver paura, no? Ora il preside l’ha fatto chiamare per chiedergli scusa da parte della scuola, ma spero solo che non puniscano tutti, quest’anno abbiamo anche i crediti formativi che hanno valore!
- Chissà come si sentirà ora …
- Chi, il preside?
- No, scema … Kamal! Devo parlargli, è in presidenza?
- Carlotta non fare stronzate, non ti mettere in mezzo a questa faccenda.
- Devo parlare con Kamal!

Carlotta si allontanò di corsa da quella cappa di fumo dirigendosi verso l’ufficio del preside quando si accorse che Kamal era vicino al cancello in procinto di lasciare l’istituto. Si affrettò a raggiungerlo.

- Kamal, fermati, per favore!

Il ragazzo proseguì a passo svelto, mentre Carlotta riuscì a raggiungerlo e a stargli dietro.

- Kamal, mi dispiace, sono stati dei cretini!
- Un ciula è stato, ciula e razzista!
- Ciula?!?
- Non è iraniano, ma torinese! Un ciula, un cretino!
- Hanno sbagliato, non sei un terrorista!

Il ragazzo si arrestò d’un tratto guardando Carlotta negli occhi.

- Non sono nemmeno un islamico! Io sono un musulmano, un musulmano!
- Hai ragione su tutto, ma che senso ha scappare? Kamal, ascoltami, se scappi la dai solo vinta a quegli stupidi, è questo che loro volevano, lo capisci? L’Italia è un paese ipocrita, perché la gente dentro le proprie case è quello che non mostra. Pensi che possiamo fare qualcosa scappando?
- Ah allora magari dici che domani dovrò tornare lì e scrivere sui muri “terroni ladri”, magari capiscono cosa significa sentirsi come mi sono sentito io oggi. Lasciami stare Silvestro. Io non voglio scappare, voglio solo vivere la mia vita in santa pace e soprattutto non ho bisogno di avvocati difensori, non sono una vittima di nulla!

Così Kamal si allontanò lasciando lì Carlotta senza parole. Intanto Enrico bussò alla porta di Laura, che aprì sorpresa di quella visita.

- E tu che ci fai qui? – gli chiese
- Non lo so. – le rispose lui sconvolto
- Che succede, Enrico?
- Ho bisogno di fare una cosa. Non mi fare domande, ti prego. So che mi perdonerai.

Ancora fuori dalla porta della stanza di lei Enrico poggiò improvvisamente e inaspettatamente le sue labbra su quelle di Laura gelando quel momento con un bacio.

venerdì 20 settembre 2013

Episodio Sei - Sto quasi bene



La festa organizzata da Davide e Laura fu un’occasione per tutti i ragazzi del corso di costruire nuove simpatie e amicizie. La musica non era rimbombante e molti predilessero due chiacchiere allo scatenarsi in pista. Così Enrico, dj per una sera, ebbe anche il tempo di allontanarsi dalla consolle per un cocktail. Canticchiava e danzava anche nel versare il drink nel suo bicchiere.

- Voglio sentirmi libero da questa onda, libero dalla convinzione che la terra è tonda, libero, libero davvero non per fare il duro, libero, libero dalla paura del futuro.

Improvvisamente si voltò rovesciando il proprio Brandy Manhattan sulla camicia del ragazzo che era dietro di lui in attesa del suo di cocktail.

- Oh cazzo! – esclamò Enrico – Scusa, ho combinato un disastro. Mi dispiace, aspetta prendo un fazzoletto.
- Dai non ti preoccupare. – rispose il ragazzo cercando con la mano di far scivolare le gocce in terra – Diciamo che Fabrizio Moro ti ha dato da ballare abbastanza stasera. - sogghignò – Però era carino. – tossì – Si, il balletto, era carino.
- Ah beh, dopo questa mi sa che devo dispiacermi più per il brandy! – ribatté ironico Enrico
- Non lo so, ma la prossima volta che so che ci sei anche tu porto un cambio d'abito con me. – sorrise ironicamente il ragazzo allontanandosi dal tavolo delle bibite.

Enrico rimase qualche secondo immobile, colpito da quell’ironia, quel modo di fare, da quell’incontro così strano e inaspettato. I suoi pensieri furono interrotti però dall’avvicinarsi di Davide.

- Henry io vado a casa.
- Cosa? Ma è appena mezzanotte e venti! Non hai toccato cibo, ti ho visto bere solo una coca cola, nemmeno un salto in pista, ma che hai?
- Ma che fai mi controlli? Lo sai che non mi piace ballare e poi sono stanco, ho già salutato Laura. Mi ha detto che non c’è bisogno di aiutarla a rimettere apposto che domani c’è la signora delle pulizie, quindi quando sei stanco vai via anche tu senza problemi.
- Davide, ma siamo venuti insieme con la mia macchina …
- Si, ma me ne torno a piedi, faccio due passi. E’ una bella serata.
- E’ per Emma, vero? Sei preoccupato per lei, ma che palle. Ancora deve tornare e già dà problemi. Emma, Emma, Emma. Ti sei rovinato la serata per colpa sua.
- Henry, Emma è una mia amica, doveva tornare oggi dopo sei mesi che non la vedo e non ho sue notizie da ieri. Sono preoccupato per lei e mi pare pure normale, no? Mi sa che sei un po’ troppo egoista e geloso, signor Passinetti.
- Io sarei egoista? E tu che stai lasciando sola Laura in una cosa che avete organizzato insieme, non sei egoista?
- E da quando in qua a te interessa di Laura?
- Vaffanculo, Davide! – sussurrò a denti stretti Enrico tenendo i propri occhi sgranati in quelli dell’amico per poi allontanarsi

Davide lasciò così l’abitazione di Laura preoccupato per Emma tanto quanto per lo sfogo di Enrico. Quel settembre era afoso, le serate erano ancora dipinte di un caldo torrido; non c’era un filo di vento quella sera, le stelle coloravano il cielo e il ragazzo ne approfittò per scappare qualche minuto dal mondo, rifugiandosi sul tetto della mansarda che ospitava la sua cameretta, come era solito fare quando Emma lo andava a trovare. Era il modo per entrambi di sentirsi più vicini a quelle stelle, di custodire in ognuna di esse un loro pensiero, una loro speranza, un loro desiderio. Era con gli occhi rivolti verso il cielo quando improvvisamente udì dei passi provenienti dalle scale che conducevano al tetto. Chiuse, incurante, gli occhi cercando di allontanare le proprie preoccupazioni.

- Aspetti che scoppino le stelle? – si udì d’un tratto
- Emma! – aprì di scatto gli occhi il ragazzo riconoscendo la voce dell’amica e tirandosi lentamente su
- Piano che cadiamo entrambi … - sorrise lei – Ero sicura di trovarti qui!
- Mi hai fatto preoccupare! – sussurrò Davide abbracciandola forte – Ma che fine hai fatto?
- Arrivata a Roma avevano annullato il volo per Napoli, uno sciopero. C’era un caos totale in aeroporto e poi mi si è scaricata anche la batteria del cellulare. Sono dovuti venire i miei a prendermi in auto, è stato uno stress tremendo anche per loro. Comunque finalmente ce l’ho fatta a tornare, sana e salva. Tu come stai? – chiese poi la ragazza accovacciandosi sul tetto - Pensieroso ancora per Caterina?


Davide si arrestò qualche secondo lasciando i suoi occhi fissi in quelli di Emma per poi risponderle.

- No. Sto imparando a dimenticarla. Non ho più pensieri per lei, non ho più rancore, rimorso, non sento più il bisogno di lei. Sai cosa c’è, Emma?
- Cosa Colby? – domandò lei sorridendo


Davide ed Emma erano soliti appellarsi con i nomi dei personaggi del loro telefilm preferito, Sam&Colby. Prima che lei partisse trascorrevano i lunedì sera insieme, nel lettone di lui, davanti alla televisione cibandosi delle avventure dei due protagonisti e da quando lei era volata a Madrid Davide aveva sempre rifiutato di vederlo, promettendosi che avrebbero ricominciato insieme da dove avevano lasciato.

- Si cresce, Sam, fortunatamente si cresce. - sospirò Davide - La vita va avanti e le cose cambiano...è inevitabile che le cose cambino! Vivere è divenire e non si può controllare gli eventi. Quando cresci capisci che non devi abituarti al dolore, ma alzarti, combattere per superarlo senza tenerlo vivo in un angolino di te stesso e poi magari rischiare che risalga a galla quando meno te lo aspetti.
- E come si fa a non abituarsi al dolore? – chiese allora lei - Se senti dolore devi superarlo in qualche modo, e superarlo non significa sconfiggerlo ma solo provare a non sentirlo. Questo puoi farlo solo dimenticando e se non ci riesci, allora, l’unica soluzione che ti resta è abituartici, altrimenti si rischia di non vivere, di rimanerne intrappolati.
- Sento che sto cambiando e se prima fingevo che fosse normale, ora non riesco a non percepire la mia malinconia, la mia solitudine.
- Non sei solo! – gli prese lei le mani
- La solitudine è una condizione che scegli, ma perché non puoi fare altro. E’ vero. Mi guardo intorno. Ci sei tu, Carlotta, Enrico, ora Laura, un tempo Caterina, ma l’avere persone intorno prescinde dal sentirsi soli. Si è soli con se stessi, con quella parte di noi che non riusciamo a tirare fuori, come se ci guardassimo dall’esterno consapevoli che quello che stiamo guardando non siamo davvero noi e sempre da lontano ci gridiamo: “Stupido, che fai? Perché non agisci come faresti davvero?”.
- Non è semplice riuscire a mostrarci per quello che siamo davvero. Nessun essere umano è pronto a regalare le proprie debolezze così, da un giorno all’altro.
- Mi sei mancata, Emma, mi sei mancata da morire! – l’abbracciò ancora lui
- Mi sono sempre chiesta come tu potessi stare …
- Ora … sto quasi bene.

mercoledì 18 settembre 2013

Episodio Cinque - La cura



Nonostante le ore piccole fatte con Caterina la sera prima, accompagnata a casa a notte inoltrata, Giacomo si alzò presto quella mattina, optò per una doccia e poi si diresse di corsa al bar per un cornetto e un cappuccino. Si sentiva vivo, sentiva di aver finalmente trovato qualcosa per cui poter tornare a sorridere e vivere serenamente. Suo padre aveva deciso di ricominciare una vita e costruire una famiglia con un’altra donna quando lui aveva solo cinque anni e per questo la madre era caduta in una forte depressione cronica che ormai durava da anni. Il signor De Rosa aveva fatto di tutto per recuperare il rapporto con suo figlio, ma inutilmente, soprattutto da quando la sua nuova  famiglia aveva visto l’arrivo, a distanza di pochi anni, di due bambini, un maschietto e una femminuccia, che Giacomo non aveva mai voluto vedere o anche solo sentirne parlare. Era un pugno ogni giorno per lui vedere la madre sfiorire, affogare in pillole antidepressive, incontri inutili con lo psicologo, appassire su un divano tutta la giornata dormendo o annegando in telepromozioni e programmi televisivi di cartomanti a ricercare chissà quale risposta, quale rassicurazione. Caterina apparve per Giacomo una delle cose più belle che gli si erano presentate negli ultimi anni. Il ragazzo tornò a casa nel primo pomeriggio con un sacchetto del pranzo che si era fermato a comperare per lui e la madre al take-away sotto casa.

- Mamma ci sei? Mamma?!? – Giacomo si avviò verso la camera della donna trovandola a letto ancora ad occhi chiusi – Mamma sono le due del pomeriggio, dai alzati, ho portato il pranzo. Mamma, mi senti? Stanotte mi sono addormentato alle cinque e ancora dovevi tornare. Dove sei stata stanotte? Mamma …
- Giacomino … Giacomino mio, vieni qui, Giacomino!
- Dimmi mamma, sono qua, dimmi!
- Ha chiamato tuo padre, Giacomino? – chiese la donna sillabando con un filo di voce
- Mamma, sono quattordici anni che quell’uomo non chiama in questa casa e tu lo sai bene. Ora ti vuoi alzare?
- Prendimi le pillole nella borsa, per favore, ho bisogno delle pillole.

Gli occhi di Giacomo cominciarono a luccicare, dopo tanti anni non era ancora riuscito a costruirsi una corazza nel vedere la madre in quello stato. Si avvicinò alla sedia dove era riposta la borsa con le lacrime agli occhi, la aprì, era lì il flacone degli antidepressivi, era lì mezzo vuoto. Improvvisamente il ragazzo si voltò verso la donna sbattendo le pillole contro il muro.


- Guardati allo specchio, mamma, guardati allo specchio, cazzo! – cominciò ad urlare – Sei un automa, non ti riconosco più, guardati! Ho detto guardati! – provò ad alzarla dal letto tirandola per il braccio cercando di incrociare i suoi occhi – Alzati, reagisci, sfogati, ma fa qualcosa! Meriti una vita normale, io merito una vita normale, una madre normale, che sia lei a svegliarmi la mattina, che si incazzi perché ho deciso di non iscrivermi all’università! Cazzo, mamma, cazzo! Guarda come ti sei ridotta per un pezzo di merda come quello!

La madre scivolò sul pavimento in lacrime e dopo qualche secondo anche Giacomo si accasciò in terra abbracciandola forte.


- Passerà, mamma, ti prometto che passerà, ma dobbiamo essere forti. Io avrò cura di te. – le sussurrò all’orecchio accarezzandole i capelli – Quell’uomo la pagherà per tutto il male che ci ha fatto e che ci sta continuando a fare!


In serata tutto era pronto per la festa organizzata da Davide e Laura a casa di quest’ultima. La ragazza si era davvero impegnata affinché tutto potesse essere perfetto, aveva distribuito gli inviti a tutti i ragazzi del corso, un centinaio circa. Aveva pensato lei alle bibite e ad un piccolo buffet, mentre Davide si era occupato della musica con l’aiuto paziente di Enrico.

- Allora il nonno è a letto, gli ho messo sul comodino quattro dvd de “La storia siamo noi”. – esclamò Laura accogliendo Davide ed Enrico arrivati qualche minuto prima - Le luci sono apposto, i tavoli anche … e io come sto? Vi piace questo vestitino a fiori o è troppo appariscente? L’ho preso oggi da Gilez, vi prego ditemi che vi piace.
- Stai benissimo, Laura! – sorrise Davide – Capelli, vestitino, scarpe, collana: tutto perfetto! Ora la mia preoccupazione è un’altra, se vengono tutti siamo rovinati, dove li mettiamo?
- Ma dai, c’è una villa intera, al massimo si distribuiscono tra la piscina e le camere! – sogghignò Enrico – Ma Emma? Non doveva esserci anche lei? – chiese poi a Davide
- Non lo so! – sbuffò preoccupato – Ha il telefono spento da oggi e a casa sua non risponde nessuno. E’ strano, mi ha detto che sarebbe arrivata nel secondo pomeriggio e invece nulla, nemmeno un messaggino. Inizio a preoccuparmi!
- Davide, niente pensieri. – intervenne Laura – Questa è una serata importante, via le preoccupazioni, è un ordine! Vedrai che la tua amica sta bene. Ho fatto anche la mia ipercalorica Kinder Delice, piena di cioccolato … non è una torta, è un bimbo! Lo sento, questa è la serata giusta.
- Giusta?!? Per cosa? – chiese sgranando gli occhi Enrico
- Per trovare l’uomo della mia vita. – sospirò la ragazza – Bello come Matt Bomer, ricco come Briatore, e poi affascinante, con belle mani, una bella voce come quella di Luca Ward, avventuroso e impavido come Robin Hood e la ciliegina sulla torta una centocinquantanove nera e una bella moto ultima generazione …
- Amore mio, sveglia! Prendi fiato e esci dal mondo dei sogni! – la interruppe Enrico con un sorriso diabolico sul volto – Lo sai, vero, che con questi presupposti sei destinata a rimanere zitella per i prossimi … diciamo centoventicinque anni?

In pochi minuti villa Perone cominciò a popolarsi. Una cinquantina di persone accettò l’invito dei ragazzi, l’atmosfera era davvero delle migliori, solo Davide non riusciva a condurre la propria mente altrove, era molto preoccupato. Che fine aveva fatto Emma?

domenica 15 settembre 2013

Episodio Quattro - Quando quando quando



La mattina seguente fu difficile per Caterina seguire il suono della sveglia. Fu necessario l’intervento della madre che irruppe nella sua camera con i nervi a fior di pelle.

- Caterina, alzati Caterina! Sono le otto meno un quarto e oggi hai lezione! Caterina, mi ascolti?
- Si mamma, ora mi alzo … - rispose la ragazza assonnata e ancora srotolata nelle coperte
- Non mi piace, Caterina, non mi piace affatto come ti stai comportando. Ieri sei tornata alle quattro e mezzo e tuo padre mi ha riempito di domande, era furioso. Ringrazia il cielo che era distrutto e si è addormentato prima che tu tornassi a casa!
- Mamma … - sospirò la ragazza alzandosi dal letto – io non faccio nulla di male e ho quasi diciannove anni, sarò pure libera di fare quello che mi pare oppure no?!?
- No, fino a quando sarai sotto il nostro tetto! Lo sai che tuo padre ci tiene a certe cose ed ha ragione, non sei una ragazza di strada senza una famiglia.
- Papà secondo me nella sua vita non si è mai davvero divertito, lui è bigotto proprio come te!

A queste parole la donna stampò un manrovescio sulle guance della figlia.

- Tu ora ti vesti subito e corri all’università, poi questa sera facciamo i conti.

Intanto Carlotta era già a scuola per il suo secondo giorno, energica già alle otto del mattino, seduta al banco accanto a Stefania, la sua amica di sempre, una quindicenne di famiglia agiata e dall’aspetto molto piacente per i ragazzetti di quell’età.

- Hai finito la versione che ci ha assegnato ieri la Saponero? – domandò Stefania
- Macché, doveva aiutarmi mio fratello ma ieri sera se ne è uscito, non mi far pensare!

All’ingresso in aula la professoressa di italiano e latino informò i ragazzi di un nuovo arrivo.

- Ragazzi buongiorno, seduti per favore. Ho una sorpresa per voi che sono sicura saprete apprezzare.
- Un bel sei politico a inizio anno, professorè? – si sentì urlare dall’ultimo banco
- No, Esposito. Non sono diventata ancora la fata turchina e poi nel tuo caso ci vorrebbe un miracolo. Da oggi avrete un nuovo compagno di classe e spero riuscirà a trovarsi bene tra voi. E’ un ragazzo molto sensibile, intelligente e soprattutto introverso.
- Andiamo bene, ancora deve venire e già è raccomandato! – ribatté lo stesso ragazzo
-  Esposito, fossi in te occuperei questo tempo a rivedere la versione che vi ho assegnato per oggi che tra qualche minuto qualcosa mi dice che ti interrogo. – poi si rivolse verso la porta
- Entra pure Sadeqi.

Il ragazzo entrò nell’aula quasi in punta di piedi, timidamente, con i passi di chi sa quanto possa essere difficile. I suoi occhi non si distoglievano dal pavimento, i tratti non europei del suo aspetto furono subito visibili agli occhi di tutti. Quando la professoressa invitò il ragazzo a presentarsi alla classe ci fu qualche secondo di silenzio, tutti aspettavano lui, cosa avrebbe detto di sé, come l’avrebbe detto mentre il ragazzo sentì di aver perso completamente la salivazione, il cuore gli batteva forte.

- Coraggio, non avere paura, questa è una bella classe. – esortò la donna
- Io … - cominciò balbettando – io mi chiamo Kamal Hossein Sadeqi, ho quindici anni e sono di origini iraniane. Ho vissuto a Torino da quando avevo qualche mese e ora la mia famiglia si è trasferita a Napoli per motivi di lavoro che riguardano mio padre. Spero di trovarmi bene  tra di voi.

Il viso di tutti si coprì di un imbarazzate silenzio. Kamal alzò lentamente gli occhi non appena fu Stefania a prendere la parola.

- Ma sei cattolico o buddhista?
- Nessuno dei due. Io professo l’Islam. – rispose lui prontamente – Sono musulmano, sunnita.

Stefania abbassò gli occhi coprendo la sua bocca con le mani e sussurrando a Carlotta.

- Ci mancava solo il terrorista in classe nostra, questo è un islamico!

Il silenzio fu così rotto improvvisamente da un vociare insistente e fastidioso. Tra i ragazzi c’era chi fingeva di guardarsi intorno, chi cercava lo sguardo degli altri per condividere il proprio sorriso, chi la propria perplessità, chi ancora un timore ingiustificato e sconosciuto agli stessi.

- Ragazzi! – intervenne l’insegnante rompendo il vociare con un battito di mani – Cos’è questo mormorio?!? Silenzio! Siediti pure Sadeqi, sei il benvenuto.

Nel pomeriggio, al ritorno dall’università, Davide trovò sul letto della sua cameretta Enrico, spaparanzato con un pacco di biscotti al burro.

- E tu non eri a dieta? – sorrise Davide appena lo vide mentre cominciò a spogliarsi per liberarsi degli abiti pesanti della mattinata
- Mister Muscolo, ogni tanto bisogna fare degli strappi alle regole. E poi diciamocelo, una dieta farebbe bene anche a te, soprattutto per salute!
- Ti prego, non ricominciare anche tu. Mi bastano i miei con i loro discorsi sul dimagrire, stare meglio, bla bla bla. Io sto bene così e soprattutto non devo piacere a nessuno.
- Una dieta può aiutarti, Davide. - ribatté Enrico
- Aiutarmi a fare cosa? A diventare un ragazzo “normale”?
- No. A diventare un ragazzo sano!
- Ma c'è un complotto contro di me? Tutti consiglieri siete diventati. Magari mettermi a dieta, arrivare a perdere venti chili e dopo? Dopo me ne mancherebbero altri cinquanta! E' impossibile guarire per me, mettetevi tutti l'anima in pace. Ora, per favore, cambiamo discorso che già sono distrutto per la giornata.
- Come vuoi. - rispose rassegnato l'amico - Ma che indossi il pigiama alle due del pomeriggio?
- Ho troppo caldo, non vedo l’ora finisca quest’estate. A proposito domani sera c’è una festa in piscina a casa di Laura con i nostri compagni di corso, sei invitato anche tu e non accetto scuse, poi mi serve una mano con la musica!
- Piscina?!? Lo dicevo io che è piena di soldi quella ragazza!
- Sai, stamattina ho ricevuto un messaggio da Emma, domani torna da Madrid, finalmente. Ci sarà anche lei alla festa!
- Ah … - sospirò con poca contentezza Enrico.

Davide ed Emma si erano conosciuti in una chat due anni prima ed erano subito diventati buoni amici, tanto da aver deciso qualche mese dopo di incontrarsi di persona distando solo un quarto d’ora d’auto l’uno dall’altra. Emma è più grande di lui di un anno e qualche mese. C’era stata per i racconti di Davide nel periodo in cui lui stava male per Caterina e durante la crisi che aveva colpito la loro amicizia, anche se poi era partita per sei mesi in seguito all’Erasmus per la capitale spagnola. Lei era stata il suo rifugio, lo scrigno delle sue confessioni, dei suoi stati d’animo, delle sue sensazioni e paure. Per Davide sarebbe tornato un pezzo del suo mondo.

venerdì 13 settembre 2013

Episodio Tre - Io son per te l'amore



Ti aspetto tra dieci minuti fuori la Caffetteria Vespucci e non voglio storie, sono già in cammino! Laura

Davide rimase stupito. E’ un ragazzo pigro, che, anche a causa dei suoi centosessantadue chili, raramente esce da casa o accetta gli inviti degli amici a spostarsi eppure in quel caso si vedeva costretto a farlo. Non era entusiasta, ma indossò al volo il pantalone di una tuta con una maglietta e si diresse verso la porta di casa.

- Davide, dove vai? – gli domandò la sorella
- Raggiungo un secondo un’amica in caffetteria, torno tra un po’!
- Ma come, Davide! Dovevi aiutarmi con la versione di latino stasera. Domani che dico alla Saponero?
- Magari che è esagerato assegnare una versione il primo giorno di scuola. Mi spiace Carlotta
- Proprio stasera San Gennaro doveva fare il miracolo e farti uscire da casa mi domando io!
- Signorina, fai poco la spiritosa e avvisa tu mamma e papà altrimenti quest’anno niente lezioni gratuite di matematica.
- Così non vale, però, giochi sleale! Ricattatore!
- Antipatica e approfittatrice! – ribatté lui scherzoso

Il ragazzo si affrettò a raggiungere la caffetteria trovandoci già al tavolo Laura, intenta a girare il cucchiaino nel suo caffè alla nocciola, il suo preferito. Trepidava, non appariva minimamente stanca per la giornata universitaria appena trascorsa. Quel sorriso quasi contagioso disegnava i lineamenti del suo volto e l'assenza anche del minimo segno di trucco risaltava la naturalezza del suo stile.

- Era ora! – gli disse lei sorridendo
- Ho fatto il prima possibile. Perché credevi ti dessi buca?
- Assolutamente no, ci avrei scommesso casa! A proposito di casa c’è un motivo per cui ti ho fatto venire qui a quest’ora.
- Spero valido, anche perché altrimenti avrò sulla coscienza una versione di latino. – sghignazzò Davide
- Posso farti prima una domanda che sto scoppiando da stamane? - chiese allora Laura
- Addirittura?!? Spara! – rispose lui
- Tu ci tieni ancora a Caterina Bellaria? Ci stavi insieme, no? Quella della tua classe!

Davide sospirò accennando un lieve sorriso prima di prendere la parola.

- Sai che sto iniziando a pensare che tu sia la sorella gemella di Enrico? Laura, io e Caterina non siamo mai stati insieme, abbiamo solo condiviso un periodo della nostra vita, siamo stati molto amici, ma ora è finita!
- Fossi in te farei attenzione! – sussurrò la ragazza avvicinando lentamente le labbra al viso di lui e coprendo la sua bocca con una mano
- Guarda che a me non interessa lei cosa va facendo in giro e poi a cosa dovrei fare attenzione?
- A Caterina. Diciamo che eravate due amici inseparabili al liceo, poi lei ha trovato chi la faceva divertire come si deve, un buon partito, e ora è ben accasata con il figlio dell'assessor De Rosa, Giacomo mi pare si chiami. Che antipatico! Guarda, a me lei non è mai stata tanto simpatica, anzi, e poi diciamoci la verità, prima Dario Martini, poi Claudio Migliacci, poi la simpatia con te ed Enrico, ora anche Giacomo. Una così …

Il silenzio divenne tombale e la tristezza si stampò sul volto del ragazzo, quando Laura, probabilmente accortasi del disagio di Davide, continuò.

- Ok, scusa, non volevo essere invadente, è che ora siamo amici e io sapevo questa cosa e … ecco volevo solo accertarmi che tu stessi bene.
- E tu mi hai fatto venire qui per questo? - chiese allora Davide
- No! Giuro. 
- Ecco, allora invece di preoccuparti per me così amorevolmente dimmi perché stiamo qui.
- Ho una proposta da farti. - azzardò entusiasta lei
- Sono tutto orecchie …
- I miei sono in ferie fino a fine settembre ed io sono a casa mia sola con mio nonno. Oggi appena tornata dall’università gli ho chiesto se qualche sera potevo organizzare una festa con i nostri amici di corso, ho un cortile immenso, una piscina e lui ovviamente mi ha detto di si. Penso sia un’idea stupenda per conoscere un po’ di gente, che ne pensi?
- Non ce la fai proprio  tu a non fare amicizia con le persone, vero?
- Rispondimi e non fare il vago, signor ingegnere, che ne pensi?
- Penso che è presto e che rischi di riempirti casa di sconosciuti tra i quali dubito anche riusciremmo a trovare degli amici.
- Altro che ingegnere, a te Leopardi ti devo chiamare! Davide ma tu mica puoi vivere così? Devi aprirti al mondo, alle persone, devi conoscere, imparare, ascoltare storie, altrimenti rischi di rimanere fermo, immobile nella  tua cameretta, un eremita. Io penso che tu abbia anche bisogno di lanciarti nella folla!
- Guardami Laura, guardami bene, io tra la folla ci vado stretto! - ribatté lui
- Io posso solo immaginarlo come ti senti.
- Per quanti chili mi porto dietro, intendi? Vuoi sapere perché ho uno spirito da eremita? - Davide trovò l'inaspettato sfogo nelle parole a Laura - Odio gli occhi della gente, odio quei sorrisi che cercano di nascondere appena mi vedono, odio la compassione, quasi riesco a leggere ogni volta nei loro pensieri “Poverino, guarda in che condizioni è ridotto!”. Odio anche le cose che dovrebbero essere consuetudine, odio incastrarmi nella poltrona di un cinema, prendermi quasi due posti sull'autobus, fingere che tutto sia normale. Credi ancora che per me sia così semplice aprirmi al mondo, ascoltare storie o conoscere persone?
- Inizia a farlo! - lo interruppe Laura seriosa – Non domandarti cosa succederà e come, inizia, inizia a vivere per come sei. - cercò poi di smorzare i toni – E poi come faccio io a fare tutto da sola? Ho bisogno di te.

Lo sfogo di Davide trovò rifugio nelle parole di Laura che, presa la mano del nuovo amico, continuò.

- E poi devi aiutarmi a trovare un fidanzato, è fondamentale!
- Ah si? - sorrise lui - E come lo vorresti questo fidanzato? Sentiamo …
- Semplice, la parola d’ordine è: tremendamente bastardo!

Nel frattempo Caterina e Giacomo arrivarono a casa di lui. Gli occhi del ragazzo non si distoglievano da lei, da quel fascino così femmineo, colpito dal profumo dei suoi capelli, della sua pelle. Avvicinarono i loro corpi lentamente, lasciarono guidarsi da quella passione così sregolata, così improvvisa, calda mentre le mani di lui lentamente spogliavano il corpo di lei e le sue labbra si posavano sul suo seno.

- Ci tengo davvero a te, Caterina, da morire. – le continuava a sussurrare lui
- Anche io! – sospirò lei lasciando cadere il suo vestitino
- Sarà perfetto, te lo giuro, tutto sarà perfetto! – sussurrava Giacomo baciando ogni centimetro del corpo della ragazza – Sarai il mio mondo ed io il tuo, e nient’altro intorno, solo io e te. Non lasciarmi mai, mai, non lasciarmi mai. – continuava conducendo le sue labbra lungo il corpo di lei
- Mai. Sarò per te l’amore, Giacomo. – sillabò la ragazza chiudendo gli occhi e conducendo il suo capo all’indietro avvolta dal piacere che le stava regalando Giacomo.

La notte portò via così una giornata intensa tra i pensieri di Davide e l’entusiasmo di Laura, tra la passione che coinvolgeva sempre di più Caterina e Giacomo e la paura di Enrico che nulla potesse più tornare come prima in quel gruppo di amici un tempo così uniti.

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